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Firmacopie Ivano Bordon, l'intervista con Associazione Autografia

Lo scorso 12 giugno si è tenuto a Milano un emozionante episodio di firmacopie che ha visto protagonisti due grandi campioni del calcio italiano, il milanista Walter De Vecchi ed il campione del mondo Ivano Bordon, storico portiere dell’Inter.

L’evento è stato presieduto dai funzionari dell’Associazione Autografia che hanno poi provveduto a dotare ogni cimelio firmato dai due campioni del prestigioso Certificato di Autenticità Witnessed.
Il Presidente Stefano Fortunati non si è fatto sfuggire l’occasione di intervistare Ivano Bordon, il quale  si è ben volentieri prestato a rispondere alle sue domande, attraverso le quali abbiamo potuto rivivere la grande emozione della vittoria del Mondiale 1982. Di seguito l’intervista:

 

Siamo qui con Ivano Bordon lo storico portiere dell’inter e della Nazionale italiana.
A proposito della nazionale, qual era l’atmosfera del dopo partita della partita del secolo dell’82 considerata la partita più bella della storia del calcio?

Bordon: L’atmosfera non è neanche facile descriverla però penso che ci fosse una grande soddisfazione per tutto il gruppo perché arrivato a vincere un mondiale dopo essere stati criticati oltre misura non è cosa da poco e ricordiamo che non furono delle critiche che si fanno normalmente ai calciatori. Credo che ci sia stato un accanimento fuori misura quando videro Paolo Rossi e Cabrini che uscirono con la testa dalla finestra dal proprio hotel e allora dopo aver vinto questa partita la soddisfazione fu ulteriore, una doppia soddisfazione.

Qual è stato il giocatore avversario che hai più temuto tra i pali nella tua carriera?
B. Beh, con Pelé ho fatto un’amichevole, Maradona l’ho temuto e diciamo un altro straniero, Crujff, che mi ha fatto anche due gol. In Italia poi a quei tempi c’era una coppia di attaccanti come Pulici e Graziani del Torino e non solo io, ma tutta la difesa li temeva perché erano dei grandi giocatori.

Com’è stato giocare contro Maradona, quando arrivava davanti alla porta?
B. Maradona mi ricordo che lo marcava Vierchowod quando fece la prima partita a Napoli ed era massiccio ma estremamente rapido. Ricordo che lo saltò facilmente dentro l’area: la palla stava andando verso la mia porta, io ho valutato di andarlo a prendere per non farla mettere in mezzo e lui chissà come, con il piedino, mi rubò il tempo di gioco e riuscì a calciare, fuori per fortuna.
Tutto questo per far capire Maradona che calciatore fosse, un giocoliere imprevedibile ed un uomo che oltre tutto faceva girare la squadra. Per fermarlo dovevi fare come Gentile nei mondiali del ’82 facendo molti falli.

Qual è stata la partita più importante della tua carriera?
B. Ce ne sono diverse ma la più importante fu lo 0-0 contro il Borussia Monchengladbach, dove ho parato perfino un rigore. Fu una mia validissima prestazione e grazie alle uscite e alle parate ho inviato un importante messaggio che mi ha fatto avere una grande visibilità anche in campo europeo.
Ricordo anche il Derby del ’78, calcio di rigore sullo 0-0, fallo di Facchetti a poco dalla fine, mi trovo di fronte Calloni sul dischetto, paro la respinta, ricalcia Maldera e di nuovo respinta e poi calcio d’angolo. In un Derby parare un rigore…

Come portiere detieni tutt’ora il record di imbattibilità in neroazzurro, per ben 686 minuti. Credi che qualcuno riuscirà mai a batterlo e se si chi potrebbe essere?
B. Qui stiamo parlando del ’79-’80 quanti anni son passati? Prima o poi i record sono fatti per esser battuti. Se pensiamo ad un portiere, potrebbe eguagliato un record così al giorno d’oggi in una squadra forte come il Napoli oppure all’inter stessa. Credo però che non sia una cosa assolutamente facile essendo ancora oggi imbattuto dopo questo tempo. E poi? Chi sarà il portiere dell’Inter?

Che cosa ha significato indossare la maglia nerazzurra per così tanto tempo?
B. Sono venuto a Milano ed avevo 15 anni; ho lasciato l’Inter per andare alla Samp che ne avevo già 32. Io sono cresciuto lì da ragazzo ed ho ricevuto tantissimo sia dal piano tecnico sia dal piano umano ed i compagni mi hanno fatto crescere. Ho avuto la fortuna di passare alla prima squadra facendo il terzo portiere e nel gruppo c’erano ancora grandi del calcio come Burgnich, Facchetti, Mazzola, Bedin, Suarez, Corso… Devo dire che tutti questi giocatori erano grandi non solo sul piano sportivo ma anche sul piano umano e mi hanno davvero aiutato molto.
Quando arrivò Lido Vieri dal Toro, lui aveva 30 anni ed io 18 e mi ha insegnato tantissime cose.
Ai tempi non c’erano gli allenatori dei portieri quindi allenandoci tra di noi ho avuto modo di imparare tantissime cose che mi son tornate utili quando poi ho intrapreso la carriera di preparatore nelle squadre dove ho allenato.

Ed invece il ricordo più bello con questa maglia alla luce dei numerosi titoli vinti proprio con l’Inter?
B. Diciamo il mio esordio, anche se sono entrato nel secondo tempo con il Milan dove perdevamo già 1-0, subendo poi un altro gol di Rivera su rigore ed un altro da Silvano Villa. Nonostante abbia preso due gol e perso il derby, proprio in quell’anno abbiamo vinto lo scudetto nel ’70-71 con 9 presenze che non erano poche a soli 19 anni. A quei tempi non era per niente facile esordire così giovani. Questa è una della tante soddisfazioni che ricordo.
Anche nella Samp, aver vinto la prima Coppa Italia in blucerchiato è stata una gioia per me e per tutti i tifosi. Ci dobbiamo ricordare che quella squadra era stata costruita per grandi traguardi, infatti poco dopo vinsero lo scudetto, ma quello fu il primo trofeo della storia della Sampdoria. 

Questa domanda la facciamo al preparatore Ivano Bordon che ha avuto l’onore e l’onere di allenare anche la nazionale del Mondiale del 2006. Quando è stato il momento in cui vi siete resi conto che quella squadra sarebbe stata in grado di alzare la coppa al cielo?
B. La certezza di arrivare alla finale, solo dopo aver battuto la Germania. Poi dopo ci abbiamo creduto ma sapevamo che non sarebbe stato facile e fu determinante l’aiuto di Zidan.
Il Mondiale dell ’82 fu invece diverso ed avevamo una consapevolezza differente dopo aver superato il gironcino contro Argentina e Brasile.

Questa domanda invece è una curiosità solo mia: che cosa prova il portiere di una Nazionale quando si arriva ad una finalissima come questa? Che responsabilità ti senti?
B. Rappresentando la nazione e le persone, la pressione è tantissima ma è l’unica situazione dove il portiere è avvantaggiato psicologicamente sull’avversario. Vai in porta sereno sapendo di avere un vantaggio.

Parlano di smantellare lo stadio storico di San Siro, cosa ne pensi?
B. Molto spesso rispondo a questa domanda. Non capisco quali problemi possono esserci ma buttar giù uno stadio come San Siro che secondo me è uno stadio dove vedi benissimo da ogni posto è un vero peccato. Si tratta di uno stadio nato per il calcio dove vivi il calcio. Se ci sono altri problemi non lo so ma io eviterei di buttarlo giù, tentando di salvarlo destinandolo ad altro. 


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