Vorrei aprire con questo breve saggio sulla carta antica una serie di articoli sui supporti utilizzati per apporre gli autografi, oggi come nel passato.
Il lettore si potrà chiedere del perché un perito calligrafo, il cui lavoro è nell’accezione comune legato allo studio comparativo della calligrafia, possa essere anche un esperto di carta antica… La risposta è molto semplice: il moderno perito calligrafo forense oggi altro non è che un investigatore, chiamato ad accertare e a dimostrare l’autenticità di un documento. Ed ecco che la nostra professione implica anche il dover studiare dove l’autografo è stato apposto, comprendere e conoscere approfonditamente anche la tipologia di supporto che reca la firma del personaggio di cui dobbiamo stabilirne l’autenticità.
Essendo nato a Siena ma residente a Firenze ormai da moltissimi anni, compiendo una scelta quasi obbligata, ho indirizzato i miei studi sul periodo rinascimentale, diventando negli anni un esperto di documenti antichi e soprattutto della carta, argomento che andremo a trattare in questo breve saggio.
L’origine della carta ottenuta dalla macerazione di fibre vegetali è molto antica e le fonti storiche ne attribuiscono l’invenzione all’eunuco inventore cinese Ts’ai Lun che nel 105 d.C. presentò all’Imperatore un foglio di carta ottenuto tramite la macerazione di stoffe e corteccia d’albero.
Ts’ai Lun, l’inventore della carta
I cinesi ne perfezionarono nei secoli la produzione finché arrivò anche in Europa, ma solo attorno al sec. X/XI. Ad introdurre la carta in Europa furono gli arabi; questi, a seguito dell’invasione di Samarcanda, la celebre città situata sulla Via della Seta, catturarono alcuni cartai cinesi e diedero vita proprio lì ad una delle più antiche cartiere. In seguito all’invasione araba dell’Italia del sud, e della Spagna, la carta iniziò a diffondersi quindi anche sul territorio europeo. All’inizio si guardò con diffidenza a questo nuovo materiale, considerandolo di basso livello tanto che Federico II con un editto del 1221 ne proibì l’utilizzo per gli atti pubblici.
Ma la facilità con cui veniva prodotta, unitamente alla sua economicità, portò la carta a sostituirsi pian piano alla pergamena, usata fino ad allora come supporto di scrittura, fino a soppiantarla completamente.
Nonostante Amalfi, Bologna e Palermo si contendano i natali della prima cartiera in Italia, parlando di carta non si può che pensare a Fabriano: è infatti in questa città delle Marche che dal 1276 la manifattura della carta pianta saldamente le proprie radici. La particolarità del territorio, ricco di acque limpide indispensabili per il funzionamento delle gualchiere, le antiche fabbriche di carta, unitamente alla sapienza dei mastri cartai fabrianesi, favorì lo sviluppo e la crescita esponenziale della produzione cartaria. Si deve infatti ai fabrianesi l’invenzione della pila a magli multipli, che rivoluzionò la produzione della carta, rendendo il complesso e faticosissimo processo di follatura degli stracci da manuale a meccanico. Ancora oggi Fabriano è nota in tutto il mondo per la sua produzione di carta di altissima qualità.
Antica incisione che raffigura una pila a magli multipli
Immaginiamo adesso di addentrarci all’interno di una gualchiera medievale: nella prima stanza si può sentire il battito regolare e costante dei folloni, magli in legno azionati dalla forza idraulica, che battono sugli stracci di lino o canapa precedentemente scelti dallo stracciarolo, il quale li “scrolla” ed “arcapa” per ripulirli da impurità e sporcizia. Questa operazione di battitura, detta follatura, servirà a sfibrare gli stracci per rendere le fibre nuovamente lavorabili. Accanto ai folloni si possono vedere delle grandi vasche in pietra dove le fibre vengono coperte di calce viva ed acqua. Questo procedimento serve per disinfettare, purificare e sbiancare le fibre vegetali. Terminato il processo di macerazione, l’impasto viene poi trasferito nelle tine, grandi recipienti in legno o pietra dove verrà aggiunta acqua limpida e mescolata. Ciò che si forma nelle tine è il cosiddetto pisto, una soluzione di acqua e fibre vegetali macerate che galleggia come una nuvola.
Il mastro cartaio a questo punto prende la forma, la immerge nell’acqua e, con un movimento sapiente scrolla la soluzione in eccesso e fa depositare il composto sulla forma stessa.
Raffigurazione delle forme, estratta da l’Encyclopédie
Soffermiamoci un momento sulla forma. La forma era lo strumento indispensabile per la fabbricazione di un foglio di carta. Si presentava come una cornice di legno, della dimensione del foglio da realizzare. Le dimensioni erano piuttosto standardizzate anche nel medio evo e rinascimento, ed un foglio di formato rezzuto, il più comune, misurava circa 320×450 millimetri.
All’interno di questa cornice si trovavano dei filamenti metallici detti filoni ai quali si intersecava una fittissima rete di fili metallici sottilissimi paralleli tra essi detti vergelle. Il reticolo formatosi, serviva a trattenere il pisto in una superficie piana, lasciando nel contempo defluire l’acqua contenuta. Il foglio appena ottenuto veniva poi adagiato tra due feltri per una prima asciugatura e successivamente torchiato. Il risultato ottenuto, una volta asciugato, era una superficie molto sottile di materiale vegetale che però era ancora inadatta per essere scritta o stampata, in quanto l’estrema permeabilità di questo materiale avrebbe assorbito l’inchiostro in maniera massiccia e disomogenea. Il foglio fabbricato era quindi sottoposto al processo di collatura, venendo immerso in una sorta di gelatina ottenuta tramite la bollitura di scarti animali quali ossa, pelle e cartilagini detto carniccio. Una volta asciugato, il prodotto del carniccio creava una sorta di pellicola sul foglio rendendolo impermeabile all’inchiostro e molto più resistente alla manipolazione. Il foglio era quindi pronto per l’immagazzinamento e la successiva commercializzazione.
Parliamo adesso della filigrana: cos’è la filigrana?
La filigrana è l’area figurativa ottenuta tramite l’inserimento di uno spessore sulla forma, visibile esaminando la carta in controluce. Questa tecnica, creata in origine per identificare il cartaio o il commerciante di carta, si sviluppò nei secoli al punto di divenire una forma d’ arte, con la creazione di motivi decorativi incredibilmente pregiati, veri e propri tesori celati all’interno di un foglio di carta. La preparazione della filigrana venne in origine affidata agli orafi, i quali intrecciavano con maestria sottilissimi fili metallici creando così nomi, sigle o rappresentazioni figurative animali o simboliche. Questi manufatti venivano poi cuciti ad una metà della forma creando così una mancanza nello strato di pisto che il cartaio distribuiva nella forma stessa. Questa mancanza, unitamente alla fittissima trama di filoni e vergelle, era facilmente visibile ponendo il foglio in controluce. Successivamente, furono gli stessi fabbricanti di forme ad occuparsi della fabbricazione delle filigrane.
E’ ancora una volta a Fabriano che viene attribuito, verso gli anni ’70 del XIII sec., il primo utilizzo della filigrana. Il suo iniziale utilizzo fu concepito come elemento identificativo del cartaio o del commerciante; le filigrane attribuivano quindi in maniera inequivocabile l’origine della carta, ed erano così importanti che venivano riportate anche sui documenti di trasporto e di vendita. Questo metodo prese campo con estrema rapidità, tanto che già dal XIV secolo. il suo utilizzo fu molto ricorrente fino a divenire sistematico dal XVI secolo, quando pressoché ogni carta prodotta in Europa aveva la sua filigrana.
Grazie al lavoro capillare di due storici del secolo scorso, il tedesco Gerhard Piccard e lo svizzero Charles-Moise Briquet, è possibile oggi accedere ad una vastissima catalogazione di filigrane antiche che ci permettono di collocare e datare una determinata carta , agevolando quindi in maniera fattiva il lavoro del perito calligrafo chiamato alla disamina di un documento antico per valutarne la sua autenticità.
Esempio di carta antica con filigrana e vergatura
Esistono oggi nel nostro Paese alcune gualchiere che sono state riportate in vita e che, durante le rievocazioni storiche vengono messe in funzione per produrre, oggi come nel medio evo, fogli di carta partendo dalla cernita dello stracciarolo. Il risultato è senz’altro sorprendente, come è sorprendente la difficoltà e la maestria necessaria per ottenere della carta di ottima qualità. L’obiezione che potrebbe essere sollevata a questo punto è abbastanza scontata: “ma se esistono oggi delle gualchiere che producono carta come nel medio evo, non potrebbe un perito essere ingannato da questa nella produzione di un falso?”. La risposta è molto semplice: no. Tralasciando l’analisi chimica del supporto, che rivelerebbe che le fibre utilizzate non risalgono al medio evo o al rinascimento, se è pur vero che la carta antica può essere riprodotta, quello che non può in nessun caso essere replicato è l’effetto del tempo.
Il trascorrere dei secoli lascia sulla carta un’impronta inconfondibile, impregnando la carta di aromi, colori e patine che sono forse il Tempo stesso.